20.12.04

La mia voce

Avevo pressappoco 19 anni e frequentavo il primo anno dell'università, quando ricevetti la telefonata della fidanzata di un amico fraterno. Risposi col vivavoce perché odio avere le mani ingombere e preferivo scarabocchiare gli appunti di Storia delle Istituzioni Politiche. Luisa comincia a raccontarmi che la notte precedente mi aveva sognato, e che non era la prima volta. Vinto l'imbarazzo mi confessò che quando le succedeva si svegliava bagnata. Mi parlò di fantasie fatte di cioccolata e nutella, delle mie labbra che non riusciva a guardare per il pudore di non arrossire davanti al suo ragazzo. La mia voce, dal vivo e al telefono era la cosa che la turbava più di tutto, però, le parole ben scandite ma sussurrate erano per lei un veleno dolce che dalle orecchie scendeva giù per il suo corpo e si condensava tra le sue gambe. Ero imbarazzato. Le sue confessioni si facevano sempre più ardite e si accompagnavano a qualche sospiro che mi fece intuire che durante la telefonata anche lei avesse le mani impegnate da qualche altra parte (io restavo a scarabocchiare!). Quando la conversazione s'interruppe avevo una voglia di sesso che solo tanta cioccolata avrebbe sedato. Appena entrai in cucina ebbi un soprassalto. Mia madre silenziosamente seduta aveva sentito tutta la discussione e commentò: «Complimenti, belle amiche che hai!». Sorrisi più soddisfatto che imbarazzato e presa una barretta di cioccolato amaro scivolai via senza più toccare l'argomento.
Oggi a otto anni di distanza so che diversi dei miei rapporti a distanza sono stati tenuti impiedi dall'erotismo che la mia voce sprigiona, confesso di non sapere nemmeno perché. Cado in una certa forma di imbarazzo quando qualche ragazza dei call-center mi fa un complimento...

ops scusate devo andare, mi suona il telefono! (sulla mia scrivania ce ne sono 5!)