11.6.05

Il lupo e borsetta rossa

Le strade della downtown sono incrostate di sporcizia, come la mente delle persone che ci vivono. un uomo barbuto dai corti capelli che vanno ingrigendosi, si aggira per i vicoli con un sacchetto di carta. La sigaretta penzoloni, il passo lento e ondivago, gira più volte attorno all'isolato che sembra abbandonato. Profonde boccate di fumo si sviluppano attorno al suo viso, si ferma ancora una volta, aspetta, sembra contare i mattoni che si intravedono da una crepa nell'intonaco. È nervoso, guarda l'orologio. Butta la sigaretta, poi estrae una fiaschetta di metallo lucido dalla tasca interna della giacca logora. Un sorso e il viso si contrae. Il pegior whisky dei bar della zona, serve sempre a riprendersi un po'. Terza sigaretta mentre, mentre un rumore di tacchi si avvicina alle sue spalle. Una figura formosa, sulla quarantina, si avvicina alle sue spalle. Avvinta in un vestito succinto e sciancrato, scuro come la notte in cui si srotola un tappeto di stelle, i tacchi altissimi fanno pendant con le lunghe braccia che ritte lungo i fianchi flessuosi ondeggiano lentamente contrastando col passo concitato. Una borsa di paillet rossa in mano e una sottile sigaretta accesa. Sotto la luce di una vecchia lampadina di pochi watt il viso appare truccatissimo e serio. Il passo si ferma, la sigaretta cade per terra ed emette il crepitio dell'umidità che la spegne. L'esile mano tocca la spalla di lui. L'uomo si volta e gli occhi preoccupati si incrociano. Il sacchetto di carta passa di mano, lui rifiuta il contatto delle due guancie, dopo il mancato saluto, i due si allontanano in sensi opposti. Gettato anche il terzo mozzicone senza voltarsi l'uomo si ferma e a voce alta: «Rosario, mi raccomando, non fermarti per strada e porta le medicine alla nonna - una lunga pausa nella voce profonda - adesso!», come il tiro di un cecchino potrebbe inchiodare un passante per strada, ecco che l'altra figura sobbalza alle parole che rintronano nel vicolo buio e lercio: «certo cuginone che le porto - una voce ancor più profonda viene modulata mentre un grosso pomo d'adamo sale e scende lungo il collo scoperto quanto il decolleté generoso - non sono un incosciente!»...
La notte avvolge d'ombra le figure che operose e frenetiche si muovono per la città, le luci delle insegne contrastano quelle delle stelle. La luna annoiata non ha ancora deciso di presentarsi all'appello e tutto si mischia e scorre per le strade come nutrimento nel sangue di questo immenso corpo in cancrena.

3 Commenti:

At 8:56 PM, Anonymous Anonimo ha scritto...

Una bella storia, urbana come quelle di cui mi piace narrare.

 
At 5:07 PM, Anonymous Anonimo ha scritto...

Pulp questo? (una porofonda risata gurrurale, pervade l'aere) Da quando non bazzico più queste plaghe, il pulp è lontano da qui come il pomodoro dall'insalata russa (perché non lo lascia dormire!)

 
At 8:15 AM, Blogger Morenita ha scritto...

Interessante come i vecchi paessaggi boscosi diventano cittadini portando su di sè le ombre. Sembrerebbe che la città non può essere altro che ombre e decadenza.
Mi é piaciuto molto.

 

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