11.11.04

San Martino - Festa sul trentottesimo parallelo nord

»certe cose si fanno quando non puoi dormire
quando viene la luna e ti chiede di uscire
senza alzarti dal letto scavalchi il davanzale
e voli senza ali e non ti puoi far male.
Il paese che dorme non ti vede passare
ma lui non sta dormendo, ti sentirà arrivare.
E sei dentro il suo letto che gli pesi sul cuore
che lo chiami per nome e gli gridi l'amore
lo cavalchi ridendo, sembri un ombra di mare
e lo lasci sfinito che comincia a albeggiare.
Certe cose si fanno!
E rientri volando come sei arrivata
sei di nuovo nel letto sono appena affannata
il tuo uomo si alza esce preso al mattino
non s'è accorto di nulla pur dormendo vicino
ti verrebbe da dirlo lo vorresti gridare
ma si sa certe cose non le puoi raccontare«


E' una voce nella notte, quasi il canto di un essere mitologico che ti avvolge e ti affascina, le parole che scorrono lontane dal letto, ad un altro letto, da una bocca voluttuosa ad un orecchio arso, forse arido, e conviene pensare che sia proprio così, senza che possa darti nulla, con l'illusione che rimane tua, con i ceffoni che dovresti dare a te stesso e le lacerazioni dell'anima che si fanno sentire, Veleno la tua voce, con la dolcezza e la passione delle parole che nascondono gli effetti mefitici. Quanto sono lontano dal mondo? Trent'anni fa 50 km non sono riusciti a dividere un Amore, oggi questo ragionamento mi ha ferito, e dovrei non scrivere più d'Amore, perché non riesco più a volare. Mi sembra una di quelle commedie inglesi dal retrogusto amaro quella che si prepara per il divertissement di questa sera di San Martino. La nebbia agli irti colli non sale, ma la pioggerellina e gli acquazzoni affogano il dolore e rendono ovattato il tonfo dei cuori che si perdono, che cadono, come castagne. Unica differenza è che le spine stavolta sono rivolte verso dentro, non verso l'esterno. Basta una leggera pressione di chi vorrebbere raccogliere questo dolce frutto che ne vedi colare la linfa, questo sangue avvelenato dalle parole. E si ritorna alle macchinazioni di ogni giorno. Con l'amaro della pelle delle castagne che ancora non hai mangiato. Quella sensazione cerosa di amaro ovattato, che forse contiene la nebbia che non riesce a risalire gli irti colli troppo vicini al mare, al abisso in cui sprofondi. E il piede che dovresti tenere nel fantastico è impantanato, proprio perché patisce di quel veleno che scorre dalle tue stesse labbra, o forse dalla tua mente. E la gnometta Serendipity col suo abito color di vino corposo, trapunto di fiorellini sorride appoggiata ai piedi del castagno da cui è caduto il tuo cuore trafitto dal suo stesso riccio. Non c'è nulla di eroico e di geniale, si torna ad essere invisibile, banale, dello stesso colore dello sfondo.